La mancanza di lavoratori stagionali negli alberghi e in altre strutture turistiche è diventato un fenomeno che va ben oltre la contingenza, assumendo i connotati della fine di un’epoca. Non c’è attività di questo settore che non lamenti carenza di personale. Con la conseguenza che ci si deve ingegnare a riorganizzare l’attività, trasformando ad esempio hotel in bed&breakfast o offrendo solo servizio di mezza pensione. Solo a Cesenatico si stima che manchino 2000-2500 lavoratori per coprire il fabbisogno.
Di fronte a una situazione così critica, Mauro Agostini, consulente del lavoro di Adac Servizi Slr e Confcommercio Cesenate, che ha anche all’attivo un lungo percorso di pubblico amministratore, suggerisce una serie di antidoti. A partire dalla «sottoscrizione di un contratto integrativo per il turismo della riviera romagnola, in particolare per la provincia di Forlì-Cesena, che possa attrarre di nuovo le giovani generazioni e non solo. L’obiettivo è realizzare un progetto sul tipo di quello che brillantemente a San Mauro Pascoli è stato chiamato “Il distretto della felicità”, dove una parte importante nella stesura ha avuto il mio collega Luca Piscaglia. Ha coinvolto il calzaturiero di San Mauro Pascoli e del basso Rubicone per rispondere alla perdita di appeal del lavoro in quel comparto per le nuove generazioni e per le donne. E allora le aziende hanno modificato i propri orari di lavoro e l’amministrazione comunale ha variato gli orari per conciliare le esigenze dei lavoratori con gli orari di attività nelle aziende. Grazie a un confronto con le organizzazione sindacali, è stato creato un sistema di welfare aziendale nella contrattazione di secondo livello, introducendo regole flessibili negli orari, finanziamenti anche parziali di servizi di welfare, quali mensa interaziendale, servizi per l’infanzia, per i familiari disabili e per gli anziani. È una realtà diversa dal turismo, tuttavia è un esempio virtuoso. Le imprese, da sole, non potranno mai modificare la loro offerta organizzativa di lavoro».

Detto questo, Agostini riconosce che è in atto «un cambio di approccio culturale dei giovani verso il lavoro, perché guardano a una diversa organizzazione della vita. Probabilmente la pandemia ha accentuato questa tendenza, di cui c’erano comunque segnali anche prima del 2020».
Ma il consulente del lavoro invita a non «cadere nel facile luogo comune secondo il quale giovani rimangono sul divano», evidenziando che «il tema è troppo serio e importante da non ammettere scorciatoie». Il nodo da sciogliere è innanzitutto sociologico: «Il lavoro stagionale ha perso l’appeal che un tempo aveva. La prospettiva di un lavoro che occupa tutta la giornata senza sosta e in particolare nei fine settimana, domenica compresa, non attira più i giovani, ma nemmeno i genitori. Serve una svolta che porti a delineare una proposta standard di lavoro stagionale più appetibile agli occhi dei lavoratori, sia negli orari che nei compensi». Anche se non è facile, perché «ridurre gli orari di lavoro e aumentare le retribuzioni comporterebbe tuttavia un’impennata di costi non sopportabile per le nostre imprese, che già si trovano a dover organizzare l’attività su pochi mesi. Aggiungiamo che i prezzi praticati sulla Riviera romagnola sono ridotti all’osso e i turisti che frequenta i nostri lidi hanno una capacita di spesa ridotta».
Qualcosa si sta muovendo per cercare di affrontare questo e altri problemi: «Le organizzazioni sindacali dei lavoratori con Confesercenti, Confcommercio e Associazione albergatori sono sedute da mesi attorno a un tavolo per verificare possibili soluzioni. Proprio oggi (ieri per il lettore, ndr) – conclude Agostini – ho partecipato a Rimini a un incontro dove erano presente il presidente della Regione Bonaccini e i vertici degli ispettorati del lavoro per affrontare la piaga del lavoro nero e degli appalti irregolari di manodopera, da debellare».