Il Cesena, il rispetto per Toscano e l’arte di sapere perdere

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Impressione di inizio aprile: è concreta l'ipotesi che Toscano saluti. E se davvero saranno saluti, non saranno in stile Josè Mourinho (“stravinco e mi metto sul mercato”) ma più alla Beppe Angelini (“nella tua categoria sei dominante, ma per il piano di sopra ho altre idee”). Vincere il campionato il 30 marzo è un vantaggio enorme che non va sprecato, quindi prima si fa chiarezza e meglio è: innanzi tutto per rispetto a Toscano (che magari poi resta davvero), in più programmare in anticipo è un vantaggio vitale per una neopromossa. Guardiamo il Lecco: per svariati motivi è andato lunghissimo e quest’anno di fatto non sta partecipando alla B. Proprio il Lecco rivisto a posteriori è stata una ferita istruttiva: sapere perdere alla lunga può aiutare a vincere, anche se sul momento la botta dei play-off 2023 fu di quelle storiche.

Incassare una sconfitta è un’arte complicata e nel curriculum di Cesena c’è anche una festa della mancata promozione. Sono passati quasi 30 anni, ma è successo.

“Fare festa, perché?” Quel pomeriggio del 16 giugno 1994 Dionigio Dionigi se lo chiede a lungo, mentre i camerieri finiscono di spostare i tavoli per la cena del Fuoriporta di Sant’Egidio. C’è il ritrovo di fine stagione e l’ha organizzato il Panathlon Club Cesena, di cui Dionigi è presidente per acclamazione da circa un secolo. La serata nasce con un grosso problema: il Cesena il giorno prima ha perso 2-1 lo spareggio per la A contro il Padova. Bruno Bolchi allena un gruppo di ragazzi super che però si è fermato all’ultima curva e la festa vera la stanno facendo a Padova: Dionigi in fatto di feste da organizzare è uno piuttosto competitivo e quindi rosica a livelli di fissione nucleare.

“Fare festa, perché?”. Dionigio Dionigi prova a darsi una spiegazione mentre parla a fatica al microfono. Il Cesena a Cremona ha perso la partita, mentre lui in tribuna ha perso la voce e inizia scusandosi con i circa 300 commensali: “Cercate di capirmi, vengo da una giornata impegnativa”. Al suo fianco, ecco Italo Cucci e il direttore del Guerin Sportivo Domenico Morace. In sala ci sono squadra e staff con mogli e fidanzate, soci Panathlon e tifosi. Una festa senza la festa ed Edmeo Lugaresi comincia tiratissimo. Il Panathlon addirittura premia tutti: una sterlina d’oro per ogni componente del Cesena, con applausi al massimo per il magazziniere Ugo Angeli e il fisioterapista Francesco Agnoletti. Cucci, Morace e Lugaresi si alternano nella consegna dei premi e quando Lugaresi premia Scarafoni, sai già che potrà regalare qualcosa e infatti regala.

“Bravo Lorenzo, hai fatto la differenza”.

“Mah, davvero?”.

“Come no, l’hai fatta per il Padova”.

La cosa strana è che ad un certo punto si fa davvero festa. Eppure sono gli stessi ragazzi che il giorno prima si sono fatti il viaggio di ritorno tra lacrime silenziose, ascoltando la musicassetta Tdk che Dolcetti ha messo nel mangianastri del pullman. Una compilation dove ad un certo punto parte pure un rap dove cantano Dolcetti, Marin, Leoni, Medri e Del Bianco, in un remake di “Muoviti muoviti” di Jovanotti: una interpretazione che non è passata alla storia della musica (al loro confronto Jovanotti sembra davvero un cantante), però ci hanno messo l’anima, come in campo.

Microfono a Bruno Bolchi: “Questa mattina camminando per Cesena mi sembrava quasi di avere vinto lo spareggio. Tanta gente mi ha fermato per ringraziarci. Ora però non voglio parlare né di calcio, né di calciatori, ma solo di uomini veri. Un grazie a loro e alle loro mogli e fidanzate che vedo qui, perché un grande uomo non sarebbe tale senza una grande donna al fianco”.

Lugaresi barcolla ma non molla, anche perché la mazzata vera deve arrivare. Bolchi passa il microfono a Domenico Morace: “Non avevo mai vissuto una serata del genere, l’aria che si respira è incredibile. Credetemi, voi stasera siete in Serie A”. Ecco, questo è davvero troppo. Lugaresi si alza mormorando un lamento nella lingua dei suoi avi (“andì tot in te casèn valà”) ed esce perché ha bisogno di aria. Tempo un minuto e rieccolo rimesso a nuovo: giro dei tavoli alla Fred Bongusto e sorrisi per tutti.

“Fare festa, perché?”. Dionigio Dionigi a fine serata raccoglie il gonfalone del Panathlon e torna a casa con la risposta. Perché ci sono momenti in cui devi accettare che abbiano vinto gli altri, come se il calcio fosse un gioco. Quella sera c’è riuscito, con una festa della non promozione che detta così sembrava una presa in giro, invece è stata una festa vera, in onore di chi aveva saputo perdere. Quando vinse il suo primo Mondiale di Formula Uno dopo un avvio di carriera da pluridoppiato, Mika Hakkinen disse: “Non puoi essere un bravo vincitore se prima non sei stato un bravo perdente”. Il Cesena contro il Lecco è stato un bravo perdente: ha sbattuto i denti e ha raccolto la lezione, poi ha iniziato a vincere e non ha più smesso.

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