Rimini. La vicesindaca Bellini: “Studenti disabili, una risorsa. Ecco perché Vannacci ha sbagliato”

Rimini

I disabili in classe sono una risorsa». Dà scacco matto al pensiero del generale Roberto Vannacci, che di recente si è pronunciato a favore delle classi separate, Chiara Bellini, vicesindaca con delega alle Politiche educative del Comune di Rimini. Le parole del neocandidato della Lega alle prossime europee da capolista del centro Italia e poi in ogni circoscrizione le suonano infatti come discriminatorie e anticostituzionali.

Bellini, la scuola arranca per colpa dei disabili?

«Assolutamente no. La scuola arranca perché da anni non le sono stati dedicati adeguati investimenti e perché mai Roma ha puntato sull’innalzamento della qualità migliorando sia i servizi sia le condizioni di lavoro degli insegnanti, a partire da retribuzioni più giuste. Altro problema è il mancato potenziamento delle classi di tempo pieno che garantirebbe un’istruzione di qualità senza distinzioni. I bambini che vivono in condizioni economiche disagiate rischiano infatti di trovarsi ogni pomeriggio parcheggiati davanti alla tv o a badare i fratellini. Ad aumentare le criticità è anche l’impennarsi dell’impegno performativo richiesto agli alunni che comporta un grosso sostegno da parte delle famiglie. Non tutti i genitori però hanno la preparazione necessaria per aiutare i figli, né la disponibilità economica per assicurar loro eventuali ripetizioni. Così le disparità aumentano a dismisura».

Come ovviare ai problemi?

«Rimettendo mano all’organizzazione scolastica dalle fondamenta e preferendo, ad esempio, l’autovalutazione a voti numerici e freddi».

Avere compagni con disabilità è un limite per la scolaresca?

«Va considerato il tema dell’unicità delle persone nel senso che dobbiamo garantire i medesimi diritti e le stesse possibilità ma anche rispettare, come una ricchezza, le peculiarità di ognuno, al netto delle certificazioni. Anche nel retroterra dei ragazzi normodotati - chiamiamoli così anche se non è un termine che amo - esistono fragilità personali o familiari che causano rallentamenti più pesanti della presenza di compagni disabili. Tutti facciamo i conti con ferite invisibili, perché negarlo? Quindi il rispetto reciproco è una risorsa per l’intera classe poiché anche da adulti ci si confronta di continuo con la complessità, la diversità di attitudini e una tempistica diversa tanto sul fronte dell’apprendimento che dell’interiorizzazione delle esperienze. Ma non solo. Ad emergere dalle difficoltà sono spesso abilità speciali e inattese, che insegnano più di qualunque manuale, dunque non riscontro alcun tipo di problema e anzi segnalo un dato incontrovertibile».

Quale?

«Tutte le certificazioni sono in aumento spaventoso. Qualche dato? Rispetto all’autismo si rileva una crescita del 129% negli ultimi 10 anni. Stesso boom per i Dsa, (visto che tra l’anno scolastico 2012/2013 e il 2020/2021 nelle scuole superiori di Rimini queste segnalazioni sono cresciute del 967%, passando da 157 a 1675, ndr). Senza dimenticare un livello di scolarizzazione variegato che tuttavia non riguarda tout court i bambini stranieri che a Rimini, ricordiamolo, rientrano nella cosiddetta seconda generazione che padroneggia a menadito l’italiano. Dettagli che convergono sullo stesso punto: i gruppi classe del futuro verranno caratterizzati da un enorme numero di certificazioni e prospettare classi separate sarà di fatto impossibile. Anziché scatenare sterili bufere, occorre ripensare alla gestione di classi sempre più complesse senza lasciare le soluzioni alla buona volontà. Conclusione? Proporre la separazione delle classi significa ignorare che negli anni Settanta ci siamo dimostrati pionieri nel confinarle in soffitta, mentre esistono ancora in paesi evoluti come la Francia. L’idea di Vannacci fotografa, dunque, una sua inadeguatezza e la mancanza di studio sul tema».

Dati alla mano, i licei accolgono meno disabili, dsa e stranieri rispetto ai professionali. Perché?

«Purtroppo certe situazioni, non tutte, dipendono da una sorta di pregiudizio che tuttavia risulta meno radicato rispetto al passato. Sul territorio, lo sottolineo, non mancano le eccellenze come l’Einaudi di Viserba che è stata ed è tuttora una scuola all’avanguardia anche per aver adottato la nostra proposta: valorizzare la figura dell’educatore di plesso. Anziché confinare le fragilità “nello stanzino delle scope”, questo istituto ha raccolto il guanto della sfida diventando molto gettonato dai genitori in base al passaparola. Morale? Durante gli open day, bisogna presentare con più attenzione il lato inclusivo di ogni scuola per ridistribuire le iscrizioni»

Sta prendendo piede la settimana corta, che ne pensa?

«Sono contraria all’ipotesi del sabato a casa. Una famiglia di liberi professionisti sarà lieta di non puntare la sveglia e godersi i figli nel weekend ma si tratta solo di una minoranza. Stiamo giocando sul tema del diritto allo studio per i più fragili e della necessità di una situazione protetta. Anche i bambini con un semplice disturbo dell’apprendimento si affaticano di più se l’impegno viene condensato in 5 giorni e perdono la routine dell’allenamento. Quanto ai disabili più gravi, fronteggiano già un orario ridotto e se hanno genitori che lavorano rischiano di restare incollati anche nel fine settimana alla tv o affidati a nonni, operatori sanitari o babysitter a costo di gravi sacrifici. Ecco perché invito nuclei familiari e insegnanti che preferirebbero il sabato libero, per soddisfare una pur legittima comodità personale, a uscire dagli schemi dell’individualismo proteggendo chi hanno accanto».

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