Il regista riminese Marco Gentili gira un cortometraggio su Cagliostro: “In Aurum il mio amore per la Valmarecchia”

Rimini

Un setta che indaga sulle formule segrete dell’alchimista Cagliostro. Ecco, in estrema sintesi, la trama di “Aurum”, terzo cortometraggio del regista Marco Gentili, 35enne nato a Rivazzurra di Rimini.

Gentili, cosa può anticipare della sua ultima fatica?

«Aurum è in fase di montaggio e presto sarà presentato in diversi festival internazionali. La storia, che gravita attorno al personaggio di Cagliostro, è ambientata nel 1850 quando, cioè, il celebre alchimista era morto da oltre mezzo secolo. I personaggi principali sono nobili ma soprattutto adepti di una setta la cui missione è addentrarsi negli studi di quest’avventuriero ed esoterista».

Quali suggestioni si respirano?

«È un’opera dove ho riversato tutto il mio amore per il cinema dagli anni Venti ai Quaranta. Ecco perché sarà una pellicola in bianco e nero girata in 4 terzi utilizzando gli stilemi registici e fotografici tipici di quel periodo. Intensa, quindi, l’attenzione riservata alla mimica facciale e alla luce che disegna i personaggi facendoli emergere dal buio».

Una curiosità?

«Una delle attrici indossa un abito disegnato da Milena Canonero, costumista quattro volte premio Oscar. Un pezzo unico che abbiamo noleggiato: acquistarlo avrebbe significato rinunciare a girare il corto (ride, ndr)».

Nonostante la giovane età è stato insignito di molti riconoscimenti. Quale ha lasciato il segno?

«L’ultimo premio sui 32 ricevuti negli ultimi 4 anni. Alludo a quello che mi è stato consegnato nel 2022 durante il New York International film festival nella Grande Mela, quella metropoli così lontana eppure così familiare nell’immaginario di tutti. Sotto i riflettori statunitensi è finito il documentario girato tra Valmarecchia e Valconca e intitolato “Passo d’arme”».

Quand’è nato il suo amore per la Valmarecchia?

«Questa passione è una diretta conseguenza del mio interesse per il genere fantasy. Ero appena un bambino quando ho cominciato a leggere i libri di Tolkien. L’atmosfera incantata e sospesa della Valmarecchia sembra proprio uscita dai suoi romanzi. Pennabilli ad esempio mi ricorda Gondor e non riesco a guardare la rocca santagatese di Fregoso senza pensare a Minas Tirith, altro luogo dell’universo immaginario dello scrittore britannico.

Ultimamente soffro a vedere un territorio così bello tanto bistrattato e spero che non venga costruito l’impianto eolico previsto al confine con la Toscana».

Quando è nata la passione per il cinema?

«Durante l’infanzia quando vivevo in un mondo a parte popolato da draghi e magia. Non dimenticherò mai il giorno in cui i miei genitori vennero chiamati dalla maestra. Era preoccupata dal fatto che pensassi solo ai fantasy. “Il signore degli anelli” l’ho letto per la prima volta alle medie nel tempo record di una settimana. Un secondo dopo aver finito ho esclamato: “Pensa che bello se ci facessero un film”. Neanche una settimana dopo è uscito nelle sale. Il resto è venuto naturale».

Battaglie per un regista romagnolo?

«Faccio i conti con le sfide su cui si misurano tutti i giovani registi italiani. Il nostro cinema è rimasto ancorato agli anni Settanta. Quando racconto agli amici americani, con cui collaboro dal 2019, cosa combinano in Italia per certi film si mettono le mani nei capelli come se fosse la preistoria. Un immobilismo voluto, beninteso, per non cedere il passo alle nuove generazioni».

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