Cesena, mostrava agli alunni delle elementari i video hard girati col fidanzato: maestra licenziata anche dalla Cassazione

Cesena
  • 03 maggio 2024

«La supplente in questi giorni non sarà a scuola e quella maestra in classe non tornerà più». Era la promessa che la dirigente scolastica all’epoca aveva fatto alle famiglie della classe 5a dell’elementare di un plesso della periferia di Cesena, ai cui studenti la supplente aveva mostrato un suo video amatoriale che la riprendeva in atti sessuali completi con il fidanzato.

Ora la Cassazione ha dato definitiva esecuzione al licenziamento per giusta causa che la maestra residente nel Forlivese, ora ultra quarantenne, aveva ricevuto a qualche decina di giorni dall’esplosione del caso, che fu riportato sulle colonne del Corriere Romagna alla fine del settembre 2019.

La giovane supplente era arrivata da poco nella classe in cui quelle bambine e quei bambini (ora tutti ragazzi e ragazze delle superiori) dovevano completare il loro ciclo di studi elementari. Uscendo da scuola alcuni di loro raccontarono l’accaduto ai genitori: la maestra, dissero, li aveva in alcuni casi obbligati con fermezza ad osservare via smartphone le sue performance sessuali, sottolineando come certe cose non le facessero «soltanto i loro genitori» ed evidenziando anche (sempre stando ai racconti degli allora bimbi) come non avrebbero dovuto raccontare a casa di quei filmati. «Tanto a casa avrebbero creduto alle parole della maestra e non certo alle loro». Le cose andarono però diversamente da come per le accuse “pianificato” dalla maestra. La voce dell’accaduto si sparse con velocità e venne prima depositata una petizione (a firma di 22 famiglie) per chiedere alla dirigente di allontanare la supplente da scuola. Mentre ai carabinieri venivano depositate denunce in serie da parte di genitori inferociti, che raccontavano quanto i figli avevano loro descritto di aver visto e subito in classe da parte della “supplente a luci rosse”. In breve insomma per la docente scattò il licenziamento “in via cautelativa” per giusta causa.

In poco più di 4 anni (un tempo da record quando si tratta di giustizia in Italia) la maestra si è vista respingere il ricorso contro il licenziamento sia dal giudice del lavoro di Forlì, che da quello della Corte d’Appello di Bologna. Ora a mettere la parola fine al caso è stata la Cassazione, a cui a maestra aveva fatto ricorso per annullare il licenziamento ma che ha invece confermato come l’allontanamento coattivo da scuola sia stato legittimo visto quanto accaduto. Dal punto di vista formale l’insegnante è stata licenziata per aver «parlato di sessualità e procreazione in classe dopo che due alunni avevano litigato pesantemente arrivando a utilizzare parole forti di natura sessuale o corporale». La maestra ha tentato nel tempo di difendersi e ha posto diverse argomentazioni anche nel suo ricorso, sostenendo di non essere stata informata in modo adeguato sugli atti alla base della contestazione disciplinare e mettendo in dubbio la validità delle prove, che includevano dichiarazioni dei bambini coinvolti.

Inoltre, ha negato di aver utilizzato un linguaggio volgare o crudo con i piccoli, raccontando di aver disegnato e mostrato le immagini solo di un ovulo, uno spermatozoo e uno zigote, e non di organi genitali come peni o vagine. Niente da fare per la docente: nonostante le giustificazioni, la Cassazione ha confermato la correttezza delle sentenze precedenti. Secondo i giudici, le prove presentate erano sufficienti per considerare il comportamento della maestra del tutto «inappropriato», anche dopo aver preso in considerazione l’ipotesi che gli alunni potessero aver «ingigantito» quanto accaduto. La docente, scrivono i giudici nella sentenza, «ha affrontato in classe argomenti legati alla sessualità e alla procreazione senza alcuna pianificazione o coordinamento con le altre colleghe e in un contesto inadatto. Il tutto – prosegue la sentenza – con l’effetto di provocare grave turbamento e disagio negli alunni». La maestra è stata condannata anche a pagare 4mila euro di spese legali.

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